La Sardegna è la terza regione per comuni fragili. Frughiamo nei dati e capiamo perché.
- Carlo Valdes
- May 13
- 5 min read
C’è un indicatore dell’Istat che attribuisce a tutti i comuni d’Italia un punteggio da uno a dieci a seconda dal loro grado di fragilità. La fragilità è valutata considerando congiuntamente diversi modi di intenderla: la fragilità ambientale, sociale o economica (più in là nel testo scendiamo nei dettagli). Ecco, in questa scala ben 69 dei 377 comuni sardi ottengono il massimo punteggio, pari a 10/10, e sono quindi classificati come “a massima fragilità”. Altri 81 comuni dell’isola seguono con un punteggio pari a 9/10, e sono classificati come “molto fragili”. Presi tutti insieme, questi 150 comuni che ottengono il punteggio di nove o dieci, mettono la Sardegna in una posizione particolarmente critica rispetto al resto del Paese, perché l’Isola è la terza regione d’Italia per numerosità di comuni classificati come a fragilità massima o molto alta. Pensate che è in questa condizione ben il 40% dei comuni dell’Isola (fanno peggio solo Calabria e Sicilia). Se volete conoscere il grado di fragilità del vostro comune, scrivetemi e vi darò il risultato in pochissimo tempo!

Ma intanto, come sono distribuiti questi comuni nella regione? Oltre la metà si trova in due province: quella del Sud Sardegna, che ne ospita 46, e quella di Nuoro, 40. In termini percentuali il nuorese è l’area più critica dell’Isola, considerato che a essere classificati come a fragilità molto alta o massima sono oltre la metà dei comuni della provincia.
Ora proviamo a scavare ancora più in profondità. Facciamolo mettendo in fila questi comuni fragili dal più popoloso al meno popoloso. In cima alla lista c’è un comune del sassarese, Sorso. Seguono Sennori, sempre nel sassarese, e Oliena, nel nuorese. Se sommiamo i primi 20 nomi della lista, troviamo 20 comuni che ospitano complessivamente oltre 85mila persone.

Ma cosa rende così fragili questi comuni? Per capirlo, ho confrontato i comuni sardi a fragilità elevata o massima con quelli di pari grado delle altre regioni. Gli elementi che colpiscono sono:
La bassa scolarizzazione: questi comuni presentano in media una percentuale di popolazione di età compresa fra 25 e 64 anni con titolo di studio non oltre la licenza di scuola media inferiore (o di avviamento professionale) del 56%; in media nei comuni italiani di pari fragilità questo valore è del 43%.
La scarsa accessibilità ai servizi essenziali: in media tra questi comuni il tempo di percorrenza in auto per raggiungere il polo più vicino che abbia un ospedale, un liceo o una stazione ferroviaria è di 48 minuti; tra gli altri comuni italiani (quindi quelli non sardi) di pari fragilità il valore è di 39 minuti.
Poi ci sono gli altri elementi di fragilità, in comune tra i comuni sardi critici e quelli delle altre regioni, che sono abbastanza intuitivi, relativi allo scarso sviluppo economico (ridotta presenza di industrie e aziende dei servizi e bassi tassi di occupazione) e alla questione demografica (molti anziani, pochissimi giovani).
La considerazione: dati critici, ma non è tutto nero
I dati visti sono critici. Ma non è tutto nero, e anzi ci sono due aspetti positivi rilevanti.
Il primo è che ci sono ambiti in cui i nostri comuni, anche quelli più fragili, performano molto meglio di come fanno i comuni italiani in media. Si tratta di temi prevalentemente ambientali o di struttura del territorio, come il consumo di suolo o l’esposizione a rischio frane o l’abitudine alla raccolta differenziata. Su questi aspetti, i comuni sardi fragili non solo fanno meglio degli altri comuni di pari livello, ma pure dei comuni italiani in media. Vi do un dato che mi ha colpito: nei comuni sardi che abbiamo classificato come critici, la percentuale di suolo occupato artificialmente è in media del 2,8%; tra tutti i comuni d’Italia la media rilevata è del 10%. Questi punti di forza ambientali sono secondo me oggi “la culla” del nostro sviluppo futuro, e il punto di partenza fondamentale per rinforzare questi territori.
Il secondo aspetto positivo è che nonostante il 40% dei comuni sardi sia classificato come particolarmente fragile, la numerosità effettiva di persone che abitano questi territori è piuttosto ridotta. A occupare i comuni più fragili in Sardegna infatti è “solo” il 13% della popolazione, cioè 204mila persone su una popolazione di poco meno di un milione e 600 mila abitanti. In altre regioni, come la Campania, la Calabria e la Sicilia, la percentuale di persone che vive in comuni a elevata o massima fragilità è sopra il 30%.
Alla fine, resta una considerazione: l’indicatore che abbiamo analizzato è purtroppo solo uno strumento tecnico: consente l’individuazione dei comuni più fragili dell’Isola (secondo la metodologia Istat) e delle cause strutturali di questa fragilità. La scelta di quali azioni compiere (e se compierle) è invece dovere della politica. Il giudizio sul fatto che queste siano adeguate oppure no, è dovere nostro come cittadini.
La domanda: quali altri dati trattare?
Ringraziandovi per le risposte preziose che arrivano alla newsletter, questa volta la domanda che vi lascio guarda al futuro: quali temi pensate che dovrei trattare nelle prossime release della newsletter? Ditemi cosa ne pensate. Sarà sufficiente rispondere a c.valdes.unica@icloud.com.
A presto!
Carlo
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Alcune note tecniche. Nell’analisi ho scelto di concentrarmi sui comuni con valore 9 o 10, coerentemente con le scelte metodologiche che adotta Istat nel commento dei dati. Inoltre, occorre notare che ho volontariamente scelto di semplificare alcuni aspetti. Primo, ho scelto di non commentare dati sulle aree protette, che in Sardegna risultano meno presenti che altrove (se desiderate sapere perché ho scartato questo aspetto, scrivetemi); secondo, ho scelto di non illustrare che il punteggio di 9 o 10 indica il decile dell’indicatore in cui rientrano i comuni analizzati. Terzo, ho scelto di commentare le medie dei valori registrate tra i comuni, e non le medie registrate nella popolazione al loro interno. Tutte queste scelte sono state compiute per assicurare la semplicità espositiva e la fruibilità del contenuto da più persone possibile. I dati di Istat su cui fare i calcoli sono qui: https://esploradati.istat.it/databrowser/#/it/dw/categories/IT1,Z0930TER,1.0/CFI_MUN
Mi chiamo Carlo Valdes, sono sardo e sono un analista di dati. Questa newsletter è pensata per condividere dati e riflessioni sullo sviluppo della Sardegna con chiunque sia interessato. Ogni release mensile è composta da (i) almeno un dato, (ii) almeno una considerazione sul dato e (iii) almeno una domanda per i lettori. Questa newsletter è un mio hobby (non c'è scopo di lucro) e le riflessioni riportate sono strettamente personali. Se vuoi farti una chiacchierata con me, aggiungimi su LinkedIn!
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